Ferrara 1962. Cos’è quel “cilindrone” in Corso Giovecca?

«Si è dovuto disporre per la chiusura del traffico sul pur ampio Corso Giovecca [...] Tutti i cittadini a chiedersi che cosa fosse quel cilindrone ben confezionato che pesava enormemente ed era trattato con estrema cautela, come se di vetro fosse o di gesso o di altra materia fragilissima».


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Si stava assistendo, chiaramente, a un fatto eccezionale.

Se alla cronaca aggiungessimo che il “cilindrone” faceva la sua comparsa, nella gremita strada cittadina, provenendo dall’arco della piazzetta interna del Teatro Comunale di Ferrara, potremmo facilmente capire che il rullo - perché di questo si tratta – era il mezzo con il quale veniva trasferito il sipario del teatro, uno «dei più grandi quadri del mondo», in altro luogo per il restauro.

Era il 1962 e la destinazione del camion con rimorchio, che trasportava il grande rullo di 15 metri (il sipario misura m. 10,20 x14 e pesava, con il rullo sul quale era stato avvolto, circa dieci quintali), era Ponte Casale, vicino a Candiana in provincia di Padova, nel laboratorio di restauro, dei fratelli Serafino e Ferruccio Volpin, attrezzato per accogliere al suo interno opere di grandi dimensioni.

All’arrivo della “colossale tela” ci si rese però immediatamente conto che per l’opera di foderatura, per la quale era necessaria la stesura su di un piano di tutta la superficie dipinta, era necessario cercare uno spazio ancora più grande. Si pensò, in prima battuta, alla basilica di S. Giustina, idea scartata in quanto per questa operazione sarebbe stato necessario usare «il grande spazio sotto la cupola centrale, costringendo – cosa inconcepibile – alla sospensione dell’uso della basilica fino al termine dei lavori». Si fece ricorso alla chiesa di Arre, paese natio dei Volpin, dove si poté usare lo spazio dal lunedì al sabato, senza intralciare il calendario delle funzioni religiose.

Il lavoro venne condotto sotto la sorveglianza congiunta delle Sovrintendenze alle Belle Arti di Bologna e di Venezia e dell’ingegnere Carlo Savonuzzi (Ferrara, 1897 – Sanremo, 1973) direttore dei lavori di restauro del Teatro comunale di Ferrara. Egli si recò più volte ad Arre tra l’ottobre del 1962 e il marzo del 1963 e lasciò memoria dei lavori in un libro, da lui scritto, pubblicato nel 1965.

«Il sipario dipinto […] era in condizioni tanto precarie che si fu in forse se conservarlo. Ma i pareri espressi tanto dalla Sovrintendenza alle Gallerie di Bologna quanto da quella di Venezia (per le quali intervennero la dott. Mezzetti ed il Prof. Valcanover) condussero alla decisione di riportare il grande quadro raffigurante un episodio dell'«Orlando» sullo sfondo panoramico della Città di Ferrara al primitivo aspetto. Come è noto il sipario è stato dipinto dal Migliari aiutato dal Saraceni negli anni 1832-33.

Problema non trascurabile il ricollocamento della grande tela la quale per la conservazione non deve più venire sollevata ripiegata su sé stessa ma deve avvolgersi sopra un grande rullo per il cui collocamento e funzionamento si dovettero superare difficoltà di varia natura non escluse quelle di ordine statico».[1]

Carlo Savonuzzi sapeva bene che «i ferraresi vogliono bene al vecchio sipario e hanno ragione: posseggono un’opera d’arte nel suo genere di gran pregio, eccezionale per le dimensioni, rara per la bellezza».

Ramona Loffredo 

Bibliografia

Citazioni e immagine tratti dall'articolo: Al restauro nella Chiesa di Arre uno dei più grandi quadri del mondo (il ritaglio di giornale trovato non permette di risalire al giornale e alla data di pubblicazione)


[1] Carlo Savonuzzi, Il Teatro Comunale della città di Ferrara, Ferrara, Tipografia Sociale Saletti, 1965.