Il «Grand Hotel Astoria» nella Bologna degli Anni Trenta


All’ospite che, nel 1933, desidera soggiornare a Bologna non manca la scelta. Il patrimonio alberghiero della città felsinea «è assai cospicuo per quantità e anche per qualità. Essa ha qualche cosa di primissimo ordine, di vasta rinomanza e di antica data, e mercé opere di restauro, di rinnovamento e installazioni di moderni servizi, si è messa in grado di corrispondere alle esigenze della più raffinata clientela. A queste case principali, e agli altri alberghi delle minori categorie, pure avviati su una strada di progressivo miglioramento, si è aggiunta da poco una casa nuova che per eleganza e modernità tutte le supera: è il «Grand Hôtel Astoria», certamente uno dei migliori alberghi sorti in questi ultimi tempi in Italia, ed uno dei più pratici ed indovinati perché unisce due fattori che difficilmente vanno d’accordo, anzi quasi sempre si elidono: il lusso e l’economia».

L’albergo si trova nei pressi della Stazione ferroviaria, nel viale Pietro Pietramellara al civico 29, in un vasto edificio costruito nel 1928 dalla “Società Edilizie Riunite di Bologna”.

«Il fatto di trovarsi vicino alla stazione, anziché al centro, non nuoce troppo al «Grand Hôtel Astoria», poiché, mentre esso può essere comodo per una certa categoria di clienti di passaggio, è nello stesso tempo collegato al centro cittadino da un ottimo servizio tramviario. Ma anche a voler andare a piedi, dall’albergo alla via Rizzoli non si impiegano più di dieci minuti, e si percorre la magnifica e diritta via Indipendenza sotto quei portici ricchi di magnifici negozi, dove si affolla in ogni ora del giorno il pubblico più elegante della città. Ma ancora meglio collegato al centro di Bologna risulterà l’«Astoria» tra non molto, quando, terminate le demolizioni già da tempo iniziate, sarà aperta la nuova grande arteria parallela a via Indipendenza [le future vie G. Amendola e G. Marconi], che dovrà incanalare gran parte del traffico e costituire una diretta via di comunicazione tra la stazione, la piazza Malpighi e tutti i quartieri occidentali e meridionali della città. Questa strada, che sboccherà nel viale Pietramellara proprio accanto all’«Astoria», segnerà per esso l’inizio di una maggiore meritata fortuna».

La direzione dell’albergo, fin dall’inaugurazione del giugno 1928, è affidata dalla “Società Edilizie Riunite di Bologna” al cavaliere Giovanni Damesin, il quale ne diverrà «consocio nella nuova gestione assunta dal gr. Uff. Celso Caretti, un esperto ed un benemerito dell’industria alberghiera nazionale, che ha impresso all’azienda, già bene avviata, un più intenso ritmo di vita. Alla direzione dell’albergo è stato chiamato il signor Saverio Tamanini, valente collaboratore del cav. Damesin al quale è dovuto, in linea di massina, il progetto di tutto l’arredamento che è nell’insieme e nei particolari, sia tecnici sia decorativi, quanto di più moderno si possa desiderare».

La facciata principale dell’albergo, che prospetta sul viale, si presenta «di elegante ma assai sobria e semplice architettura».


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L’albergo ospita, nei suoi quattro piani oltre quello terreno, centoquaranta camere (duecento letti) raggiungibili tramite un vasto scalone e due ascensori. La maggior parte degli spazi di uso comune sono concentrati al piano terreno. Alla destra dell’atrio, entrando nell’albergo, si trova il bar illuminato da tre ampie finestre che prendono luce dalla strada. Il soffitto bianco presenta una piacevole decorazione a stucco mentre alle pareti, rivestite alla base con un’alta fascia di legno finissimo e nella parte superiore da tappezzeria rossa, sono appesi quadri del pittore Alfredo Protti (Bologna, 1882 - 1949). Pur non essendo insolita come scelta (già un altro noto prestigioso Bar/Pasticceria del Centro aveva scelto opere di questo artista per impreziosire una particolarissima sala privata) denota una certa attenzione al gusto e alle mode artistiche della Bologna degli Anni Trenta.


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Di fronte al bar si trova una graziosa saletta di scrittura con tappezzeria dorata e bei mobili, adiacente a un locale per parrucchiere per uomo e per donna. Lungo l’atrio, «che si inoltra nell’interno del fabbricato», si affacciano le porte degli uffici del portiere, della direzione e dell’amministrazione, del centralino e delle tre cabine telefoniche, del guardaroba, di alcuni locali di toilette e ancora più avanti la caffetteria e i locali di servizio. A metà dell’atrio, a destra, si apre «il grande elegante salone di ritrovo e di lettura, l’aula, illuminata dall’alto mediante due lucernari a vetri chiari e colorati. Le pareti sono dipinte in tenui colori di gradazione giallo-verde con sobrie decorazioni. Ad esse sono intonati i mobili chiari; v’è abbondanza di soffici divani e poltrone nonché ricchezza di bei tappeti orientali. Una vetrata separa questo salone dal ristorante, che ne è anzi la continuazione, tanto che tolta ove lo richieda il bisogno, la tramezza, ne risulta un ambiente unico di grande vastità. In diretta comunicazione con la sala da pranzo sono le cucine, sistemate razionalmente in vasti locali pieni di aria e di luce, dove tutti i servizi sono disposti nel migliore dei modi».

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Sono presenti nell’albergo: ghiacciaia, frigorifero, dispense e ambienti per il personale. In questa parte dello stabile, senza «economia né di spazi né di mezzi», sempre a piano terreno, si trova un guardaroba con annessa lavanderia e stireria meccanica. Mentre alla parte più interna dell’albergo, che ospita il garage per parecchie vetture, si accede da un apposito androne attraversando un cortile. Nelle adiacenze ci sono diversi locali destinati agli addetti alla manutenzione dell’albergo, il falegname, l’idraulico, l’elettricista e il meccanico.

I piani superiori sono disimpegnati da un corridoio largo caratterizzato da una soffice passatoia e pareti rivestite di marmo alla base e di tappezzeria nella parte superiore. Questo corridoio gira per ogni piano «a rettangolo, lungo le quattro ali dell’albergo, le quali racchiudono nel loro interno un terrazzo. Felicissima è la distribuzione delle stanze, disposte in ogni piano su tre ordini, due esterni ed uno interno. Sul lato destro dello stabile ci sono ancora venti camere da completare e da arredare, in modo che l’albergo è destinato ad aumentare la sua capacità».


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Le camere sono «pressoché uguali in tutti i piani, ed hanno mobili prevaletemene scuri, di noce [alcune hanno i mobili chiari ma sempre di noce], letti bassi e moderni del tipo Ducrot. I pavimenti sono ricoperti di linoleum e le pareti sono tappezzate in carta dai colori tenui e di buon gusto. Severa ed elegante la linea dei mobili; i letti sono ricoperti di damasco, intonato alle tappezzerie, e i divani, le poltrone e le sedie sono rivestiti di stoffa eguale. Gli armadi sono tutti comodi e spaziosi, con specchiere interne; i comodini sono internamente rivestiti di porcellana per evitare qualsiasi assorbimento ed emanazione. In ogni stanza c’è una pregevole acquaforte del Graziosi, e lusso di tappeti, finezza di biancheria e di tendaggi».

L’ispirazione per l’arredamento delle camere è quindi tratta, specialmente per i letti, dalle proposte dallo Studio Ducrot (Mobili e arti decorative) di Vittorio Ducrot (Palermo, 1867 – Roma, 1942) di cui l’architetto Ernesto Basile (Palermo, 1857-1932) era stato direttore artistico dal 1902.

In ogni stanza era possibile ammirare una acquaforte di Giuseppe Graziosi (Savignano sul Panaro, 1879 - Firenze, 1942), un artista affermato che nel 1931 aveva esposto alla Quadriennale di Roma.

Ogni camera, senza alcuna esclusione, è riscaldata a termosifone ed è dotata di telefono anche per comunicazioni interurbane. I servizi di chiamata per il personale sono a segnalazioni luminose e a suonerie elettriche.


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Una cinquantina di camere – più di un terzo del totale – ha il bagno privato con impianti di acqua corrente calda e fredda, «gabinetto e “bidet” pure con acqua corrente». Per gli altri clienti sono a disposizione, nei diversi piani, bagni comuni.


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La clientela è «assai numerosa e molto distinta. Dati i prezzi modici che vengono praticati, l’Astoria ha anche un forte numero di clienti fissi, che dimorando a Bologna, vi alloggiano stabilmente, poiché vi si trovano bene sia come servizio d’alloggio, pronto e inappuntabile, sia come cucina, fedele in tutto alle gloriose tradizioni gastronomiche bolognesi, e quindi varia, sana e saporosissima. Tutto il quarto piano è abitato stabilmente da questi clienti, alcuni dei quali vi si trovano fin dal giorno di apertura dell’albergo. Negli altri piani si alterna senza soste una clientela fluttuante, in prevalenza italiana, ma anche straniera; poiché l’albergo nel suo breve periodo di vita ha già saputo acquistarsi una vasta rinomanza e una meritata simpatia».

Ramona Loffredo


(Fonte delle citazioni e delle immagini: G. Silvestri, Nuovi alberghi italiani. Il «Grand Hôtel Astoria»   di Bologna, in «L'Albergo in Italia», A. IX, n. 1, Gennaio 1933, pp. 31-38.



Appendice: Una nota del maggio 1928

La rivista «Il Comune di Bologna», in un articolo pubblicato nel maggio 1928 con il titolo “La S.A. Rinnovamento edilizio e le sue magnifiche opere” dedica un trafiletto all’Hotel Astoria:

«E passiamo al nuovo grande albergo che la Società Anonima Edilizia Moderna ha costruito in angolo al nuovo viale Principe Amedeo, e precisamente su l’ala dove prima sorgevano le Officine Calzoni, di fronte alla uscita della stazione.

Questo albergo, che si propone di portare una nota di modernità e di buon gusto nell’attrezzatura alberghiera della città, comprende 160 camere [l’autore dell’articolo considera anche le 20 camere ancora da completare nel 1933] e 50 gabinetti da bagno; ha sale per lettura, e sale per fumare; dispone di un elegantissimo bar; è dotato degli impianti più perfezionati e dei servizi inappuntabili. Vuole, insomma, essere l’albergo bolognese più elegante, più comodo e più moderno: l’albergo ideale in cui l’ospitalità sia veramente confortevole e la dimora veramente gradita.

A tale scopo ha mirato, con lusinghiero successo, la parte costruttiva; e l’impianto dei servizi ha completato pienamente la promessa».