La grande casa di Elsa Dallolio a Pianoro. Storia di una villa che non c'è più
La villa di «None non esiste più, non rimarrà nemmeno tanto muro da
coprire di edera e far funzionare come rovina pittoresca». Queste le righe senza
appello che Elsa, figlia del novantaduenne Alfredo Dallolio, generale e
senatore del Regno, scrisse all’amica e scrittrice inglese Iris Cutting, moglie
del marchese Antonio Origo. Entrambe, dopo questa drammatica lettera, sapevano che
cosa era successo a Guzzano, frazione del Comune di Pianoro, alla villa
Dallolio ma nessuna delle due l’aveva ancora visto con i suoi occhi. Solo dopo
la Liberazione le due amiche riuscirono ad andare insieme, per la prima volta,
a vedere che cosa era rimasto della proprietà, costituita dai due poderi “None”
e “Orto di None”, di quasi 37 ettari con i soprastanti edifici, che Elsa
aveva ereditato nel 1935 dallo zio senatore Alberto Dallolio, sindaco di
Bologna dal 1891 al 1902.
Planimetria del podere None
Elsa aveva lasciato la villa, ormai ritenuta un luogo poco sicuro, in luglio del 1944 e si era rifugiata, con il padre e alcuni domestici, a Bologna dagli Isolani in via Santo Stefano. La villa disabitata fu occupata, a fine settembre, da un gruppo di paracadutisti tedeschi. Le proprietà Dallolio non furono risparmiate dai bombardamenti aerei e dagli attacchi terrestri su Pianoro degli Alleati in avanzata verso Bologna, che si intensificarono nel periodo agosto-ottobre. A novembre i civili, ancora presenti nei due poderi, furono allontanati dai tedeschi, lasciando così l’intera proprietà, villa compresa, in balia delle truppe germaniche. Saccheggi e distruzioni si susseguirono fino a definire lo spettacolo spettrale che si trovarono davanti le due amiche dopo la Liberazione.
Le viti in vigna e in piantamenti, gli alberi da frutta (peri e meli) e quelli d’alto fusto (olmi e pioppi), dei due poderi, erano distrutti o seccati in piedi. Quasi un ettaro e mezzo del podere “None” era ancora completamente minato e quindi inaccessibile.
Erano stati distrutti anche gli edifici colonici, la casa del fattore
e l’oratorio privato di S. Pietro Apostolo che Elsa aveva fatto restaurare. Ovunque
le due donne videro nel terreno le buche prodotte dalle granate e dalle bombe
d’aereo, quest’ultime aumentavano di dimensione avvicinandosi all’edificio
padronale. La vecchia casa dei Dallolio, che pur risultando ancora accatastata
come Casa di villeggiatura costituiva per Elsa la sua unica abitazione,
non c’era più. Non era rimasta nemmeno una pietra sull’altra e non c’era
traccia alcuna delle opere d’arte che custodiva e del suo arredamento
costituito da bei vecchi mobili per la maggior parte in stile Impero. La ferita
più grande fu constatare che, con la villa, erano andati perduti per sempre la
biblioteca (oltre 3000 volumi preziosi e antichi) e l’archivio di Alberto
Dallolio (una collezione di autografi di oltre un migliaio di pezzi, i carteggi
con personalità, il carteggio Berti-Pichat e Aglebert, manoscritti e
memorie etc.) conservati nello studio e nel salone del piano terra, dove c’era
anche il bel ritratto del bisnonno di Elsa, Pier Giacomo Dallolio, dipinto dal
pittore Muzzi. Era andato perduto per sempre anche l’archivio della famiglia
Dallolio conservato anch’esso a None.
In quel giorno di sopralluogo sembrò impossibile non poter più percorrere la loggia d’ingresso del piano terra, salire le scale e raggiungere il primo piano dove c’erano le stanze padronali e quelle degli ospiti. La camera verde era quella di Elsa (la celeste era del generale e la gialla di Gina, sorella di Elsa) ed era forse, proprio lì, tra i suoi oggetti più cari, che lei sentiva la gioia maggiore di avere, finalmente, una casa tutta per sé. Dalla finestra di quella camera si poteva vedere il giardino e forse, chissà, quella rosa rampicante, sopravvissuta agli eventi bellici, che le due amiche portarono via quel giorno.
La stessa rosa che, molti anni dopo, venne messa a dimora da Iris Origo vicino alla fossa foderata di cipresso, che nel piccolo camposanto della Foce, accolse il feretro di Elsa. L’ultimo ricordo di None era ancora con Elsa.
Ramona Loffredo
Nota: Elsa Dallolio fu durante la Seconda guerra mondiale segretaria generale della Croce Rossa italiana e fondatrice della sezione italiana dell'International Social Service.
Iris Origo, famosa al grande pubblico italiano per le sue biografie (Il
Mercante di Prato, Bernardino da Siena e il suo tempo, Leopardi etc.) e
per i suoi scritti memorialistici (Guerra in Val d’Orcia, Immagini ed
ombre), scrisse, per la prima volta direttamente in italiano, il libro “Un’amica.
Ritratto di Elsa Dallolio”, pubblicato da Passigli nel 1988, da cui è tratta la prima citazione.
Questo mio testo
rappresenta un’anteprima di
una ricerca in corso sulla villa di None della famiglia Dallolio.