La «Tour Eiffel» bolognese

Dalle finestre dell’abitazione, fuori porta Saragozza, dell’amico scrittore Giuseppe Raimondi (Bologna, 1898-1985), il pittore Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) ebbe più volte occasione di vedere e studiare, per poi rappresentarlo in almeno tre opere, un inusuale brano del paesaggio collinare bolognese. In un'incisione del 1922, intitolata dallo stesso autore in un quaderno manoscritto “Veduta dell’Osservanza e della Torre Comi”, compare sulla sommità di una collina, per la prima volta, una strana torre di ferro vicino a una misteriosa villa.


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Giorgio Morandi, Veduta di Villa Comi, 1922


La «modesta Tour Eiffel» - così definita dallo storico e critico d’arte Francesco Arcangeli (Bologna, 1915-1974) – venne nuovamente ritratta, sempre nel 1922, in un paesaggio a olio. La curiosa costruzione non era altro che una «torre di tralicci di ferro, costruita per “delizia” dei proprietari». La villa, in confine con quella detta Cipressina dei Bacchelli, era stata di proprietà di quel Filippo Comi di cui ricordiamo il monumento funebre del pittore e scultore fiorentino Giorgio Kienerk (1869-1948) nel cimitero della Certosa.

Villa Comi è nota anche come Villa Beatrice in omaggio a Maria Beatrice Comi (3 giugno 1906 - 19 febbraio 1924) morta a soli diciassette anni. La tomba nel cimitero della Certosa, realizzata dallo scultore Mario Sarto (Codigoro 1885 - Bologna 1955), oltre a mostrarci il volto della fanciulla, attraverso un'epigrafe ci racconta qualcosa di lei.

«Fior d'innocenza e di bontà - fu l'angelo della sua casa - per 17 anni soli - rallegrata dall'incanto - del suo verginale sorriso - abbellita dal profumo - di sue virtù - ornata di senno e di pietà - ripose in Dio le sue caste delizie - nella madre dilettissima - incentrò i candidi affetti - dopo lunghi e rassegnati dolori - lasciò sorridendo la terra - sicura di cambiarla con il cielo» .

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Mario Sarto, Ritratto di Maria Beatrice Comi

(Particolare della Tomba di M.B. Comi nella Galleria del Chiostro IX nel Cimitero della Certosa di Bologna)


I terreni attorno a Villa Beatrice hanno ospitato nel ‘900 un importante vivaio diretto da Tito Francia, che vantava essere stato un «allievo della Scuola di Versailles». Questa importante istituzione, che riuniva l’insegnamento della orticultura, frutticultura e giardinaggio, era ospitata nell’orto Reale fondato, nel 1679, dall’agronomo e giardiniere Jean Baptiste de La Quintinie (1624-1688) sotto il Regno di Luigi XIV.

Tito Francia venne nominato - come l'agronomo e botanico Mario Calvino (Sanremo, 1875-1951), padre di Italo – direttore di una cattedra ambulante di agricoltura.

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Un'interessante inserzione pubblicitaria del ‘900, in cui vi è una puntuale e dettagliata rappresentazione di Villa Beatrice e della sua torre, lega il nome del Francia «distinto industriale e perfezionatore di colture agrarie» all’importante Esposizione nazionale di orticultura e floricoltura che richiamò ai Giardini della Montagnola, nel maggio 1900, oltre centomila visitatori.


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Ricordiamo la scomparsa Villa Comi – che oggi è solo un nome sulla cartografia – attraverso il ricordo di Giuseppe Raimondi: «La Villa Comi colla sua torre di ferro si scorgeva dalle finestre di casa. Con Morandi si guardava un poco della villa che emergeva dal folto degli alberi e si parlava della torre Comi alta nel cielo grigio. Guardando la piccola Tour Eiffel dei bolognesi si finiva a parlare della Parigi che noi non conoscevamo. Venivano la suggestione, il nome di Degas, di Renoir. E quello di Apollinaire. Il nostro tempo in quegli anni era involto nei tratti amati della poesia e della pittura. Si viveva coi piedi per terra, ma un poco dentro il sogno, un pensiero di quelle cose. Il paesaggio di Morandi con la Villa Comi rimane e risuona pacatamente con la memoria di quel tempo, gli anni della gioventù».

Ramona Loffredo